Convergenza media-telco: la trasformazione digitale permetterà di venirne a capo?

by Martina Trevisan

Sarà pubblicato il 14 ottobre 2021 il XIX Rapporto Annuale Turning Digital – The Game Changer di ITMedia Consulting sullo stato della televisione in Europa ed i principali trend. Ecco l’anticipazione di Augusto Preta per CorCom

Lo stato della televisione in Europa

Convergenza Telco-Media: stop o go?

Lo stato della televisione in Europa

A seguito della crisi legata alla pandemia, il fatturato totale del mercato televisivo in Europa occidentale è tornato ai livelli del 2018 , registrando un decremento del -1,5%. A tenere in piedi il mercato è stata la pay-tv, che ha raggiunto i 52,6 miliardi di euro di ricavi , con un +4,6%, un risultato per certi versi sorprendente , favorito dalla componente Vod che cresce di oltre il 30%, mentre la pay-TV tradizionale si mantiene appena sotto la media (-0,3%). Questo ha permesso di contenere le perdite, a fronte di una caduta consistente (-12,5%) della pubblicità.

Convergenza Telco-Media: stop o go?

Una delle principali tendenze rilevate nel rapporto di quest’anno è legata al tema della convergenza. Negli ultimi tempi, come noto, una tempesta di fusioni e acquisizioni e lo sviluppo di strategie di convergenza nell’arena dei media e delle telecomunicazioni hanno contrassegnato il settore. Da AT&T a Deutsche Telekom, BT e Telefonica , le società di telecomunicazioni hanno investito molto nei contenuti negli ultimi anni cercando di differenziarsi ampliando le loro offerte a contenuti video sempre più pregiati.

BT ha come noto investito miliardi in diritti sportivi come la Premier League e la Champions League per costruire BT Sport. L’obiettivo era acquisire e trattenere i clienti broadband interessati al calcio, generare un effetto a cascata positivo sia sul marchio per aumentare e aggiornare la percezione di BT tra i consumatori e a proteggersi da ciò che BT considerava il suo principale concorrente, Sky. Per fare ciò i contenuti sono essenziali e non tutti i contenuti sono uguali. La titolarità dei diritti sportivi può ad esempio garantire un’audience ampia e fedele, legata alle dimensioni della base di tifosi.

Ma entrare in un mercato affollato e competitivo è sempre complicato e nel frattempo l’orizzonte si è annuvolato. Infatti, o tto anni dopo il suo lancio nell’agosto 2013, BT ha messo sul tavolo tutte le opzioni possibili per il futuro di BT Sport , inclusa una vendita completa, una partnership in joint venture con una società di media o la vendita di quote. Attualmente è in trattative avanzate con Dazn, il servizio di streaming sportivo con una forte presenza anche in Italia.

L’abbandono dello sport premium è da tempo atteso da BT , poiché si è dimostrato meno vantaggioso in termini di benefici incrociati con il suo core business broadband e mobile. Secondo alcune stime, BT ha speso 2 miliardi di sterline per coprire le perdite cumulative di BT Sport nel corso della sua esistenza. Tuttavia, i ricavi e i costi sono ora allineati grazie agli aumenti dei prezzi per il servizio. BT Sport è stato inizialmente efficace nello stabilizzare l’attività di vendita retail di consumatori di BT, ed è stato lodato per i suoi elevati valori di produzione. Tuttavia, i l valore strategico di BT Sport è diminuito dopo che BT e Sky hanno stabilito una tregua nella costosa battaglia per i diritti sportivi nel 2017 .

BT non è l’unica telco a ripensare ai propri investimenti nei media. La società di telecomunicazioni statunitense Verizon ha recentemente annunciato che sta vendendo Yahoo, Aol e altri asset multimediali alla società di private equity Apollo per 5 miliardi di dollari , dopo averli acquisiti per oltre 9 miliardi tra il 2015 e il 2017. Verizon aveva precedentemente venduto il sito di blog Tumblr nel 2019 e HuffPost a BuzzFeed l’anno scorso. Verizon prevede di utilizzare i proventi delle sue dismissioni dei media per concentrarsi sulle sue attività principali di telefonia e di provider di Internet.

Una strategia alternativa è di investire in contenuti originali, come film e serie. A questo scopo, le società di telecomunicazioni acquisiscono una società di contenuti con un catalogo di programmi comprovati, come ha fatto AT&T acquistando Time Warner nel giugno 2018 . L’investimento in contenuti originali è un elemento di differenziazione per i fornitori di pay-TV (ad esempio Sky) e per i player OTT (Netflix). Netflix ha notevolmente aumentato il suo investimento in contenuti originali dalla sua prima incursione con House of Cards.

In questo senso, la recente decisione di AT&T di scindere WarnerMedia, che si unirà a Discovery per creare un colosso gestito dal ceo di Discovery David Zaslav, è un chiaro segno che l e telecomunicazioni sono alle prese con grossi problemi con i contenuti. La nuova società si chiamerà Warner Bros. Discovery . Gli azionisti di AT&T riceverebbero azioni che rappresentano il 71% della nuova società, mentre gli azionisti di Discovery deterrebbero il 29%. Pur non trattandosi di un disinvestimento definitivo, conferma la volontà del gigante delle telecomunicazioni di rifocalizzarsi sul proprio core business e attendere l’evoluzione in arrivo in tutto il mondo dell’intrattenimento e dello streaming.

Tutte queste storie portano a pensare che le telecomunicazioni abbiano sempre avuto un rapporto difficile con i contenuti . E ciò nonostante le società di telecomunicazioni e TV in abbonamento abbiano molti attributi simili, in particolare l’acquisizione e la fidelizzazione dei clienti che rinnovano la bolletta ogni mese. Ad ogni modo non tutte le telco stanno ripensando al proprio investimento sui contenuti . Co mcast è ancora nel business dei media anche con NBCUniversal e soprattutto con Sky.

In Italia, come noto, la convergenza ha raggiunto il suo slancio negli ultimi mesi , quando si sono sviluppate diverse partnership strategiche tra “Content e Telco”, volte a fidelizzare i clienti esistenti e a cercare di attrarne di nuovi. Da un lato la partnership tra l’operatore wholesale-only Ftth Open Fiber (a cui si è aggiunta poi Fastweb) e Sky, e dall’altro Tim-Dazn, con forti investimenti nei diritti sportivi, in particolare nel campionato maggiore di calcio di Serie A.

In Spagna Movistar Plus, la divisione pay-TV di successo di Telefonica, ha aumentato gli investimenti nei contenuti, in quanto è alla ricerca della preminenza come produttore in Spagna, oltre che per attingere alla domanda internazionale di contenuti in lingua spagnola. Nel frattempo, il servizio di pay-TV di Orange Ocs (ex Orange Cinema Service) è ora disponibile in Francia a livello wholesale per piattaforme come Canal+ e Amazon Prime Video, e non solo per i propri clienti.

In definitiva, il processo di convergenza tra media e telco si è rivelato non lineare, contrariamente a quanto previsto da molti fan della convergenza, e sembra più complesso che mai. La trasformazione digitale si è spinta in questa direzione ma il risultato è ancora lontano dall’essere realizzato.

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