Informatica: ecco come nacque il telegrafo senza fili

by Martina Trevisan

Guglielmo Marconi e lo sviluppo della telegrafia senza fili

Guglielmo Marconi nacque a Bologna il 25 aprile 1874, da Giuseppe e Annie Jameson, irlandese.

I trasferimenti della famiglia in Inghilterra, dove Guglielmo svolse molte delle sue attività, e in Toscana, furono molteplici.

Dal 1885 al 1889, Guglielmo Marconi frequentò l’Istituto Nazionale di Livorno, interessandosi all’elettrotecnica, che approfondì con Vincenzo Rosa, professore di fisica del R. Liceo Niccolini di Livorno, grazie al quale poteva frequentare il laboratorio di fisica pur non essendo studente di quella scuola.

Tra le altre cose, qui imparò a valutare le caratteristiche dei componenti di un circuito e sperimentò l’utilizzo del Coherer, rivelatore di onde elettromagnetiche.

I suoi primi esperimenti, Marconi li fece in un laboratorio allestito nella casa paterna a Villa Griffone (Bologna), primo tra tutti (a soli 18 anni) quello finalizzato alla realizzazione di una nuova pila elettrica da presentare a un Concorso internazionale, della rivista “L’Elettricità”, bandito nel 1891.

Così, mettendo a frutto le competenze tecniche e le abilità sperimentali, Marconi realizzò le pile termoelettriche, in grado di trasformare il calore in elettricità.

Subito dopo, però, il fisico iniziò a lavorare nel campo delle onde elettromagnetiche.

A 20 anni, realizzò un rilevatore di fulmini e, ipotizzando di sostituire al fulmine un segnale prodotto da lui stesso. riuscì, con un impulso inviato tramite un tasto telegrafico, a far suonare un campanello posto a una certa distanza nella stessa stanza.

Il suo interesse era essenzialmente rivolto allo sviluppo di tecnologie applicabili e utilizzabili e, quindi, dai risvolti pratici e commerciali.

Il progetto più ambizioso di Marconi fu quello di dare il via ad un sistema di comunicazione con la telegrafia senza fili, che gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1909, segnando in pratica l’inizio delle radiocomunicazioni.

A partire dal 1894, Marconi effettuò i primi esperimenti con le onde elettromagnetiche.

Scorrendo le relazioni di Hertz (1857-1894), Marconi cominciò a riflettere sulla possibilità di inviare segnali a distanza tramite le onde radio, superando quindi la necessità dei fili della telegrafia ordinaria.

A Bologna fu assiduo frequentatore delle lezioni di Augusto Righi, docente di fisica dell’Università.

Nel 1895, acquistò alcuni componenti e preparò il primo trasmettitore e ricevitore radiotelegrafico, che sperimentò a Pontecchio (Bologna).

L’apparato di trasmissione e quello di ricezione erano separati da una collina, i segnali Morse inviati furono ricevuti a circa 2 km di distanza dal fratello, che segnalò il successo della prova con un colpo di fucile.

Si trattava del primo esperimento di telegrafia senza fili e della prima trasmissione di un segnale Morse su onde radio.

In seguito, in occasione della prima comunicazione radiotelegrafica internazionale, avvenuta lunedì 27 marzo 1899, Gugliemo Marconi affermò: “Fin dal 1895 ebbi la forte intuizione che le trasmissioni radiotelegrafiche sarebbero state possibili attraverso le grandi distanze”.

E la sua fede nella scienza venne ripagata dagli straordinari risultati ottenuti grazie ai suoi esperimenti.

Il primo traguardo di Marconi arrivò il 2 luglio del 1897, con il riconoscimento del brevetto “Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi”.

Più che in Italia, Guglielmo Marconi trovò molto aiuto in Inghilterra, dove fondò una sua società, dapprima con il nome “The Wireless Telegraph and Signal Company Limited”, poi trasformato in “Marconi Wireless Telegraph Company Limited”.

L’obiettivo di Guglielmo Marconi era dimostrare la possibilità di trasmettere a grandi distanze, contrariamente a quanto pensava la maggior parte dei suoi colleghi, i quali ritenevano impossibile che le onde seguissero la curvatura terrestre e che si perdessero nell’etere.

Raccogliendo con la sua compagnia i fondi necessari, Marconi impiantò le prime stazioni sperimentali fisse ad AlumBay, sull’isola di Wight, e a Bournemouth, sulla Manica, beneficiando del forte clima di fiducia che lo circondava.

Con il cosiddetto “cervo volante” (sistema ad antenna ricevente mobile, collocata su un aquilone), Marconi ottenne i primi risultati significativi nell’inverno del 1898, mettendo in contatto la stazione di South Foreland(vicino Dover) e il battello “East Goodwin”.

Restava solo un ostacolo da superare, legato ai problemi di interferenza nella trasmissione e ricezione dei segnali.

Per questo, Marconi richiese un secondo brevetto di “Telegrafia accordata o sintonizzata e multipla su una sola antenna di nuovo tipo”, che ottenne soltanto nel 1900, contestato da Braun e Lodge, due fisici che stavano lavorando sullo stesso problema.

La questione si risolse acquisendo il brevetto di Lodge.

Reso più efficiente il trasmettitore, Guglielmo Marconi tentò il collegamento radiotelegrafico attraverso il canale della Manica, su una distanza di oltre cinquantuno chilometri.

L’esperimento riuscì perfettamente il 27 marzo del 1899, tra South Foreland e la stazione francese di Wimereux, presso Boulogne-sur-Mer.

In seguito a questo successo, nell’autunno dello stesso anno il governo americano invitò il fisico italiano per effettuare alcune dimostrazioni.

Marconi realizzò così una stazione radiotelegrafica a Poldhu (in Cornovaglia), molto più potente di quelle precedenti e la mattina del 12 dicembre 1901, fece in modo di trasmettere da qui un segnale convenuto, la lettera “S” dell’alfabeto Morse, che lo stesso italiano, in compagnia dell’assistente inglese Kem, ricevette dalla stazione di Saint John, sull’isola di Terranova.

Da quel momento, la comunicazione radio divenne un prezioso strumento per la navigazione, entrando in uso più tardi nel traffico aereo prima, militare e poi civile, fino alla commercializzazione negli anni Venti del XX secolo.

Nel 1909 Marconi, insieme con il collega tedesco Braun, ricevette il Nobel per la fisica “in riconoscimento del loro contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili”.

Nel 1928, in Italia, fu nominato Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e insignito del titolo di “Marchese” dal re Vittorio Emanuele III, e nel 1930 Presidente della Reale Accademia d’Italia.

In questo stesso anno stabilì un collegamento tra le apparecchiature dell’Elettra, ancorata nel porto di Genova, ed una stazione ad onde corte in Australia (Sydney): il radiosegnale inviato da Genova, coprendo quasi 20000 km di distanza, fece accendere le luci del Municipio della città australiana.

Il 12 febbraio 1931 fu inaugurata la stazione radio Vaticana e nello stesso anno avviò le sue indagini sulle microonde. Nel 1934 gli fu conferita la Laurea ad honorem in Fisica.

Guglielmo Marconi morì a Roma il 20 luglio 1937.

Rosalba Angiuli

ph dalla “Collezione Luca e Lamberto Bertozzi”

Chi ha inventato il Telegrafo

Chi ha inventato il Telegrafo

La domanda del titolo ha sempre suscitato infinite discussioni mai completamente risolte.

Certamente potremmo affermare che il telegrafo e' antico come il desiderio di irradiare messaggi a distanza, desiderio che l'uomo ha da sempre avuto.

In questa ottica si potrebbe asserire che tutti e nessuno furono inventori del telegrafo.

Forse invento' il telegrafo quel capitano che per primo affido' al fuoco l'incarico di segnalare a distanza la vittoria in battaglia. Probabilmente fu proprio la guerra la involontaria responsabile della nascita del telegrafo.

Agamennone, Napoleone, e cento altri generali dell'antichita' subirono il fascino della possibilita' di poter comunicare a distanza anche se e' ovvio che per loro la parola telegrafo sarebbe risultata completamente sconosciuta.

Ma il primo vero impulso venne sicuramente dai fratelli Chappe francesi nel 1793: i loro primi tentativi fecero probabilmente ridere i loro conterranei.

Sui colli vicini alla cittadina di Brulon le Maine innalzarono due strane casette di legno con due finestre laterali. Sono rudimentali stazioni telegrafiche dalle quali si innalza un'asta sulla cui punta e' collocato un telaio, che gira intorno ad un cilindro.

Il telaio ha due ali che possono assumere tante diverse posizioni e consentono di trasmettere fino a 169 segnali.

L'impianto cosi' primitivo fa probabilmente sorridere ma si tratta di una evoluzione importante rispetto a tutto quanto era esitito in precedenza che permetteva di mandare al massimo 2/3 segnalazioni diverse.

Si trattava di un telegrafo ottico che permetteva di acquistare velocita' perche' in ogni stazioncina si trovava un incaricato, attento ai due canocchiali, applicati alle due finestre opposte e puntati sulle due stazioni delle colline piu' vicine.

Il segnale trasmesso dalla prima casetta veniva avvistato dalla seconda, dove veniva battuto su una piccola tastiera al segnale corrispondente per l'identica segnalazione da trasmettere alla terza stazione e cosi' via. Terminata nel marzo del 1794 la linea entro' in funzione nel luglio per annunciare la presa di Landrecies.

La rete si estese in Francia fino a raggiungere uno sviluppo di 5000 chilometri con 534 stazioni che riuscivano a servire 29 citta'.

Informatica: ecco come nacque il telegrafo senza fili

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Il mondo moderno inizia con una fucilata. Lo sparo avverte del riuscito esperimento di un giovanissimo Guglielmo Marconi che nell’estate 1895, dalla soffitta di Villa Griffone nella campagna bolognese, genera con una scintilla elettrica segnali che vengono captati al di là di una collina da un suo collaboratore, che risponde appunto con un colpo di fucile. Nasce così – spiega Emanuele Guerrini sull’Almanacco della Scienza del CNR – il telegrafo senza fili, che in un primo momento non viene però preso in considerazione come racconta Riccardo Chiaberge in Wireless – Scienza, amori e avventure di Guglielmo Marconi‘ (Garzanti). Anche la stampa tarda a darne notizia: ne parla un articolo de ‘Il Resto del Carlino’ il 22 dicembre 1896, quando Marconi ha già brevettato l’invenzione a Londra.

L’apparecchio funziona grazie a un rocchetto con due avvolgimenti di filo di rame, che servono a produrre corrente alternata. Con la scintilla vengono emesse invisibili onde elettromagnetiche che se aiutate con un’antenna, scopre Marconi, si propagano a grande distanza. Il ricevitore è composto da un tubetto contenente limatura di nichel e di argento e da una pila. Quando l’antenna capta le onde elettromagnetiche, le convoglia nel tubetto e il loro passaggio fa diminuire la resistenza elettrica della limatura metallica. Di conseguenza, la corrente della pila fa scattare il martelletto del telegrafo. Il 6 dicembre 1901, i tre impulsi che nell’alfabeto Morse indicano la lettera S attraversano l’Atlantico, dalla Cornovaglia a Cape Cod, in America. Il ‘New York Times’ il 15 dicembre scrive: “Guglielmo Marconi ha annunciato stasera la più meravigliosa conquista scientifica dei tempi moderni”. Nel 1909 arriva il premio Nobel per la fisica.

Siamo ancora lontani da Gps, satelliti e whatsapp ma, a ben guardare, neanche tanto. La rivoluzione di Marconi, all’epoca, è stata per l’umanità ciò che per il mondo di oggi sono Internet e la banda larga, che senza le intuizioni e le applicazioni marconiane probabilmente non esisterebbero. È stata una rivoluzione sul tempo e sullo spazio, sulla possibilità di raggiungere chiunque oltre i confini, tra le nazioni e i fronti di guerra. È stata la fine della ‘distanza’ un passo decisivo verso la globalizzazione. Ma quella rivoluzione non è ancora finita, si autoalimenta quotidianamente, spinta dalla necessità di fare meglio quello che da sempre per l’uomo è di vitale importanza: comunicare. “Oggi siamo alle soglie del 5G, la nuova e rivoluzionaria tecnologia wireless che potrà garantire sia maggiori prestazioni di comunicazione, ad esempio scaricare film in pochi secondi e controllare operazioni robotiche a distanza con estrema affidabilità, sia un’enorme copertura, si parla di almeno un milione di oggetti connessi per chilometro quadrato”, commenta Domenico Laforenza, direttore dell’Istituto di informatica e telematica (Iit) del Cnr.

“Il 5G è una tecnologia abilitante dell’Internet delle ‘cose’ e delle sue interessanti e variegate applicazioni socio-economiche, alcune delle quali non prive di interrogativi e risvolti per la nostra privacy. Beneficeranno del 5G applicazioni tipiche delle ‘smart cities’, come auto, semafori, lampioni e parcheggi sempre più intelligenti e interconnessi via cloud computing, sofisticati algoritmi di sistemi di supporto alle decisioni real-time”, conclude Laforenza. “Quindi, sebbene molte cose siano avvenute dalla famosa fucilata, moltissime altre sono dietro l’angolo”.

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