Evergrande paga i debiti, per Telecom Italia l’ora X

by Martina Trevisan

TELECOM/ L’autogol sulla rete unica che l’Italia deve evitare

Commentando la nuova situazione che si era creata a fine agosto dello scorso anno, era stato fin troppo facile prevedere che l’instabilità politica sarebbe stato un fattore di criticità per il processo della rete unica avviato con il Memorandum of Understanding (MoU) fra Cassa depositi e prestiti (Cdp) e TIM.

Era chiaro, infatti che l’abbozzo di soluzione che si stava configurando richiedesse comunque dei tempi abbastanza lunghi. E concludevamo dicendo: “Occorre che la politica mantenga fermo il timone, che non sorgano dei ‘distinguo’, delle richieste di ‘approfondimento’, insomma tutto l’armamentario che la politica conosce quando intende far arenare un progetto”.

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Il passaggio dal governo Conte II al governo Draghi, invece, ha dalle prime battute, creato una situazione di nuovo confusa. In particolare, le prime dichiarazioni di marzo sul tema della rete unica da parte del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e di quello della Transizione digitale Vittorio Colao sono sembrate rimettere in discussione completamente la soluzione precedentemente adottata.

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Giustamente, è stato fatto notare in modo graffiante che tali dichiarazioni apparivano quantomeno inappropriate. È un fatto che tali dichiarazioni hanno provocato forti movimenti dei titoli in Borsa, deprimendo il valore azionario di TIM, che ha perso il 9% in due giorni. E considerando che uno dei maggiori azionisti di TIM è Cassa depositi e prestiti, quindi in qualche modo lo Stato, il tutto si è configurato come un atto di puro autolesionismo.

La confusione generata da tali dichiarazioni ha anche ridato fiato a tutte le voci critiche e a tutte le posizioni che si oppongono al progetto della rete unica. Però, dopo questa prima fase turbolenta, nonostante si sia continuato a martellare sui giornali e sulla stampa specializzata, contro la rete unica “a rischio monopolio”, nel frattempo, sono accaduti due fatti sicuramente significativi.

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1) Il primo è il rinnovo del Consiglio di amministrazione di TIM, avvenuto questa volta senza troppo clamore, a fine marzo, che sembra marcare un netto cambio di indirizzo gestionale. La nuova maggioranza in CdA, che si è appena insediata con approvazione addirittura quasi unanime (95%) del mercato, si è costituita con un metodo nuovo e inusuale. Non è, infatti, espressione di un azionista specifico, di maggioranza relativa come è Vivendi per TIM, né il risultato di una maggioranza di coalizione formatasi in Assemblea, come fu nel caso di Elliott nel Consiglio precedente. Si è trattato di una convergenza cui hanno contribuito vari azionisti attraverso il dibattito condotto nel precedente CdA e intorno ad esso (da Vivendi a Cdp, fino all’associazione Asati che rappresenta i piccoli azionisti, molti anche dipendenti dell’azienda). Certamente, la presenza di Cdp, ora rappresentata in Consiglio direttamente dal suo presidente Giovanni Gorno Tempini, comincia a far sentire il suo benefico influsso garantendo una maggiore stabilità nella conduzione aziendale. Inoltre, va constatato che l’azionista di maggioranza, la francese Vivendi, con il suo 24%, ha tenuto quel profilo basso che è sempre apprezzabile in azionisti esteri che investono in aziende “di sistema”, cambiando atteggiamento rispetto al periodo dei due amministratori delegati Flavio Cattaneo e Amos Genish, tristemente caratterizzato da diversi tentativi di “scorrerie” e terminato meno di tre anni fa, a novembre 2018.

2) Il secondo fatto è rappresentato dalla decisione presa dal Consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti che ha dato il via libera a Cdp Equity (CDPE) a presentare un’offerta a Enel per l’acquisizione di una partecipazione del 10% di Open Fiber, che si aggiunge al 50% già in capo alla Cassa. Operazione che una volta finalizzata, consentirà a CDPE di raggiungere la maggioranza del capitale della società “per rafforzare il proprio sostegno a un’infrastruttura strategica di grande importanza per la digitalizzazione e la competitività del Paese“, come si legge nella nota emessa a seguito del CdA.

La nota continua in questi termini: “L’operazione è coerente con la strategia di Cdp quale investitore di lungo periodo in società operanti in settori e tecnologie prioritarie per il Paese. L’obiettivo è quello di estendere su scala nazionale una rete in fibra ottica aperta a tutti gli operatori, riducendo il digital divide“.

Questa operazione è un primo passo necessario nell’ambito del percorso definito nell’intesa dello scorso agosto fra Cdp e Tim, che sfocia nella creazione di una nuova società della rete AccessCo, risultato della fusione della società FiberCop, che gestisce la rete FTTH di TIM e Open Fiber. Ricordiamo che, secondo quello che è noto del MoU, in AccessCo, TIM deterrà almeno il 50,1% e attraverso un meccanismo di governance condivisa con CDPE sarà garantita l’indipendenza e la terzietà della società, attraverso meccanismi di maggioranze qualificate e regole di controllo preventivo.

Purtroppo, rispetto a questi due fatti, coerenti con il percorso stabilito, il 6 maggio è bastato un articolo di giornale per ripiombare in una grave situazione di confusione e di turbolenza: in Borsa il titolo TIM ha perso fino al 9%, attestandosi a fine giornata a una perdita del 5,5%. Tutto questo per una “interpretazione” di alcuni punti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che danno per archiviato il capitolo rete unica Tlc, subito ripreso e riproposto in modo martellante da diverse agenzie di stampa.

È stato il giornale Repubblica a cavalcare la tesi sulla base di alcuni passaggi del Pnrr inviato a Bruxelles: secondo il quotidiano, l’utilizzo del plurale “reti” e non “rete” – nel capitolo dedicato all’infrastruttura ultrabroadband – sarebbe il segno di una scelta orientata a una pluralità di soggetti e non più alla newco unica. Un’interpretazione discutibile, tant’è che poco dopo, nello stesso articolo, si puntualizza che “non c’è niente di ufficiale”.

Operazione speculativa? La domanda è legittima. È lecito ipotizzare che forse, siamo in una fase molto delicata, in cui si sta magari ridiscutendo in parte l’accordo raggiunto e che i vari attori, perciò, in questa fase, non possono sbilanciarsi per fornire una linea definita. O più banalmente, le idee non sembrano chiarissime.

Fatto sta che il Governo non ha smentito e ha lasciato così che questa interpretazione si gonfiasse ulteriormente per tutta la giornata. La dichiarazione del ministro Colao: “Il nostro obiettivo è politico e di Paese, non di assetti societari” risulta semplicemente risibile, dimenticando totalmente tutte le mosse di Cdp – un’azienda con nomine governative – degli ultimi anni nel settore delle telecomunicazioni. Anche TIM è intervenuta soltanto a tarda serata, presentando un esposto alla Consob “a tutela della società e dei suoi azionisti”, evidenziando “che risultano del tutto inappropriate e prive di riscontri oggettivi le interpretazioni, riportate dagli organi di stampa, relative ai contenuti del Pnrr che ha come scopo la digitalizzazione del Paese e il completamento delle reti nelle aree in cui gli investimenti privati non sono sufficienti”.

Certamente, il progetto di rete unica sembra aver subito una grossa battuta d’arresto e siamo arrivati a “una situazione che comunque rischia di abbandonare Telecom al suo destino” (Antonella Olivieri sul Sole 24 Ore – 7 maggio 2021). In una lettera congiunta dei sindacati confederali di settore ai ministri Vittorio Colao, Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando, i segretari generali di Slc-Cgil Fabrizio Solari, Fistel-Cisl Vito Vitale e Uilcom-Uil Salvo Ugliarolo chiedono di fare chiarezza: “L’Italia è ben al di sotto della media europea in termini di competenze e di infrastrutture per l’economia digitale, condizioni necessarie per lo sviluppo socioeconomico. C’è bisogno di investimenti, pubblici e privati, e di soggetti che siano in grado di gestirli e finalizzarli nella maniera più rapida ed efficiente possibile. Ci teniamo a dirlo a chiare lettere: riteniamo che il progetto Open Fiber guidato da TIM sia la soluzione migliore per vincere questa sfida. (…) In un momento così critico per l’accelerazione del nostro Paese, in cui bisogna garantire solidità e certezze a lavoratori, investitori ed aziende, non possiamo permetterci cambi di rotta, incertezze o tentennamenti su investimenti e piani industriali già condivisi. Crediamo che TIM abbia le capacità tecniche, manageriali e professionali per portare a termine questa impresa e siamo pronti a sostenerla.“

Vorremmo ribadire un aspetto decisivo, che emerge anche dalla lettera sindacale, e che non dovrebbe mai essere dimenticato nel dibattito sul presente e sul futuro delle telecomunicazioni in Italia: occorre garantire un soggetto adeguato a questo mercato, un operatore paragonabile per dimensioni e know-how almeno ai principali operatori europei, un’azienda in grado di presidiare e promuovere un settore da sempre strategico, ma nel prossimo futuro, decisivo per la ripresa economica. L’alternativa, come abbiamo già sperimentato ancora in un recente passato, è quella di consegnare il settore delle telecomunicazioni in Italia alle scorrerie speculative di aziende estere, rendendolo dipendente da chi non persegue di certo l’interesse nazionale, lasciandolo in una situazione di cronica debolezza dalla quale non si riesce più ad uscire. Questo sì, farà molto male al sistema-Paese.

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telecom italia | notizie e ultime news su Adnkronos

comunicato stampa FreeMove Alliance and Millicom cooperate to better serve Multinationals across the Americas

PARIS and LUXEMBOURG, Jan. 31, 2022 /PRNewswire/ -- FreeMove Alliance, the global mobile telecommunications alliance between Deutsche Telekom, Orange, Telia and Telecom Italia, and Millicom, a leading provider of fixed, mobile and digital services in Latin America serving enterprise customers through its Tigo Business brand, announced today that they have signed a partnership agreement to offer seamless connectivity solutions to multinational customers (MNCs) across the Americas and beyond.

Evergrande paga i debiti, per Telecom Italia l’ora X

Il gigante immobiliare cinese paga in extremis le cedole di tre bond ed evita il default – Oggi tutti gli occhi di Piazza Affari sul Cda di Telecom Italia – L’oro vola

Sarà pure temporanea, ma fa paura. È l’inflazione, che ieri è balzata negli Usa al 6,2%, a livelli che non si vedevano dal 1990, ma che spaventa anche Cina e Germania, le principali vittime delle difficoltà della catena di approvvigionamento dell’economia globale. Il dato, abbondantemente previsto, non impone un cambio di rotta immediato alla Fed, decisa comunque a evitare una stretta. I mercati, però, hanno preso sul serio la svolta.

SALE IL BITCOIN, CORRE IL DOLARO

Torna a brillare l’oro, balzato a un massimo di 1.868 dollari l’oncia prima di ripiegare a 1.850.

Il Bitcoin ha superato i 69 mila dollari per poi tornare a quota 65 mila.

Il petrolio Brent torna a sfiorare i massimi a 85 dollari al barile.

Il Treasury Note a dieci anni si è portato a 1,55%, da 1,45% della mattina, ancora sotto il picco annuale di 1,75%.

Il cross Euro Dollaro ha sfondato la soglia di 1,15 per la prima volta dal luglio 2020. Oggi apre a 1,148.

WALL STREET IN ROSSO, L’IPO DI RIVIAN TRAVOLGE I RECORD

Wall Street ha perduto colpi dopo la lunga corsa: Dow Jones -0,66%, S&P 500 -0,82%. Il Nasdaq cede l’1,66%.

La stagione dei record, però, è tutt’altro che finita. Ieri l’Ipo di Rivian, l’auto elettrica controllata al 22% da Jeff Bezos, ha fatto un esordio trionfale: il titolo ha chiuso in rialzo del 29%, a 100,70 dollari, dopo aver toccato un massimo a 119,46 dollari. La capitalizzazione è intorno agli 85 miliardi di dollari. I quasi 12 miliardi di dollari raccolti da Rivian con la quotazione consentiranno l’accelerazione nello sviluppo di nuovi modelli.

MUSK INCASSA 5 MILIARDI DI STOCK OPTION SU TESLA

Risale anche la quotazione di Tesla (+4,3%); Elon Musk ha venduto la prima tranche di titoli per 5 miliardi di dollari. L’operazione è avvenuta lunedì scorso, quando l’imprenditore ha esercitato stock option ricevute come parte del suo pacchetto di compenso.

IL MATTONE CINESE EVITA IL DEFAULT

Anche la Borsa cinese offre stamane una gradita sorpresa: Evergrande (+9% a Hong Kong) ha versato 148,1 milioni di dollari per pagare tre cedole di altrettanti bond offshore, che hanno consentito di evitare il default. Lo sviluppatore immobiliare cinese, oberato da 305 miliardi di dollari di debiti, ha onorato gli impegni prima della scadenza dei 30 giorni di tolleranza oltre la quale sarebbe scattata l’insolvenza.

Salgono sia Hong Kong che l’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen (+1,3%). Nikkei +0,6%, Kospi di Seul -0,2%, Sensex di Mumbay -0,8%.

SUL CLIMA I GRANDI FANNO PACE. INCONTRO VIRTUALE IL GIORNO 15

Ma la sorpresa più positiva riguarda i rapporti tra le due superpotenze. Con una dichiarazione congiunta, Usa e Cina hanno annunciato di voler lavorare insieme contro il cambiamento climatico. Il portavoce di Pechino per la Cop26, Xie Zhenhua, ha detto che i due Paesi hanno bisogno “di pensare in grande ed essere responsabili”. Da gennaio le due delegazioni hanno lavorato insieme all’accordo in 30 incontri virtuali. A confermare l’intesa, l’inviato speciale americano per il clima, John Kerry, che ha dichiarato: “I presidenti Biden e Xi vogliono lavorare insieme”.

Secondo Bloomberg i due grandi si incontreranno la prossima settimana in un vertice virtuale: non è ancora stata fissata una data ma i funzionari starebbero lavorando perché si svolga lunedì 15.

ITALIA, RALLENTA L’INDUSTRIA. ALLARME PREZZI IN GERMANIA

L’industria italiana potrebbe subire una frenata improvvisa. Stando agli ultimi dati Istat, a settembre l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,1% rispetto ad agosto, un dato inferiore rispetto al consensus, che era allo 0,3%.

A suggerire cautela sono anche le notizie in arrivo dalla Germania. I consulenti economici del governo tedesco hanno tagliato le stime di crescita per la prima economia europea, creando un grattacapo per i tre partiti impegnati in trattative per formare il nuovo governo tedesco. I consulenti hanno tagliato le previsioni di crescita per il 2021 a 2,7%, in ribasso dal 3,1% stimato a marzo, anche se hanno alzato l’outlook per il 2022 al 4,6%. L’inflazione, poi, morde anche oltre Reno: in Germania l’indice dei prezzi ha segnato +0,5% su base mensile e +4,5% annuo, allungando rispetto a settembre 2021, quando l’incremento era stato del 4,1%. Per ora, insomma, l’Italia, il Paese più fragile in caso di aumento dei tassi, riserva le notizie migliori. Chissà per quanto.

RENDIMENTI IN SALITA, BTP FUTURA SALE A 2,671 MILIARDI

Le preoccupazioni si sono fatte sentire nel pomeriggio sul mercato obbligazionario. Il tasso del Btp decennale si è impennato oltre lo 0,9%, fino a 0,93% (contro 0,85%).

Stabile lo spread sul Bund sul tratto a dieci anni, a 118 punti base, dai 113 dell’apertura della vigilia.

Nella terza giornata di offerta il Btp Futura novembre2033 ha raccolto richieste per 704 milioni di euro, che portano la domanda complessiva nei primi tre giorni di emissione a 2,671 miliardi. Lo scorso aprile la terza edizione del Btp Futura aveva visto richieste pari a 4,68 miliardi di euro a chiusura delle prime tre giornate di offerta, per raggiungere un totale di 5,48 miliardi al termine del collocamento.

Oggi il Tesoro metterà a disposizione degli investitori fino a 5,75 miliardi di euro complessivi del nuovo Btp 7 anni e del titolo a 3 anni.

PIAZZA AFFARI +0,44%, BENE MADRID

Milano sale dello 0,44%, a 27.561 punti. In lieve progresso Francoforte (+0,17%) e Parigi (+0,03%). Salgono Madrid (+0,71%) e Londra (+0,82%). Resta indietro Amsterdam (-0,07%).

Avanza a Francoforte Siemens Energy (+3,54%) dopo aver proposto un dividendo di 0,10 euro.

CADE ADIDAS, DAIMLER ESCE DA RENAULT

Cade invece Adidas (-3,72%): l’azienda ha tagliato le stime per la difficoltà a garantire gli approvvigionamenti e per la frenata della domanda cinese.

Battuta d’arresto anche per le società di food delivery dopo lo sbarco in Europa dell’americana DoorDash, che ha acquistato la finlandese Wolt Enterprises (7 miliardi di euro).

Daimler ha ceduto il 3,1% di Renault, pur precisando che nulla cambia nell’accordo industriale tra le due case.

La biotech Valneva sale del 25% dopo l’accordo con la Ue per la fornitura di 60 milioni di dosi di vaccino contro il Covid -19.

Da segnalare anche il balzo di Alstom (+9,75%): i costi per l’integrazione con Bombardier si sono rivelati inferiori al previsto.

TELECOM: OGGI LA RESA DEI CONTI, KKR IN AGGUATO

Oggi va in scena il cda straordinario di Telecom Italia e i pronostici si sprecano. Alla vigilia, il consiglio composto da 15 membri è spaccato in tre schieramenti che riflettono le varie anime che l’hanno nominato. Ci sono i cinque consiglieri fedeli alla linea di Vivendi, primo azionista della società con il 23,7%, favorevoli a una svolta dopo i pessimi risultati della trimestrale. I cinque che fanno riferimento alla Cdp sono contrari ad un nuovo ribaltone. Infine, ago della bilancia, ci sono i cinque consiglieri nominati dalla lista Assogestioni.

Difficile una svolta già nella riunione odierna, ma il dossier Telecom è sul tavolo dei fondi internazionali, a partire dagli americani di Kkr che hanno già investito in una quota di minoranza di Fibercop. E i rumors dicono che la Cdp potrebbe essere interessata a ricollocare una parte del suo 10% presso altri investitori.

MEDIASET: CONTI RECORD. ACCONTO CEDOLA PER MEDIOLANUM

A Piazza Affari l’hanno fatta da padrone le trimestrali in arrivo da blue chip e non. In grande evidenza Mediaset (+6,85%). Il gruppo televisivo ha pubblicato una trimestrale in crescita sopra i livelli pre-pandemia, con una raccolta pubblicitaria che conferma la tendenza positiva in atto da cinque trimestri consecutivi.

Corre anche Banca Mediolanum (+1,10%). L’istituto ha comunicato una buona trimestrale, annunciando di aver deliberato la distribuzione di un acconto di dividendo di 0,23 euro per azione dopo aver visto una crescita dell’utile del 50% nei primi 9 mesi. “Nagel ci aveva proposta una fusione – ha detto Massimo Doris – ma preferiamo fare da soli”.

INTERPUMP E STM SEGNANO IL PASSO

In ordine sparso il resto del comparto del credito. Invariata Bpm, Bper -0,5%. Sale Unicredit (+1,3%) dopo l’uscita dalla turca Yapi Kredi.

Sul versante utility, in luce Terna (+1,51%), che ha chiuso i novi mesi con un utile netto di 580,4 milioni (+2% annuo).

Prese di beneficio per Interpump (-0,89%) dopo i risultati del terzo trimestre. Pesano su Stm le incertezze del Nasdaq (-1,7%).

LUSSO SOTTO TIRO. FRANA FERRAGAMO

Ancora sotto tiro il settore lusso. Continuano le vendite su Moncler (-1,09%) dopo il sell di Goldman Sachs. Il ribasso più marcato è però quello di Ferragamo (-4,78%, sopra i minimi della seduta). La maison fiorentina ha messo in guardia sugli sviluppi del mercato cinese. Deutsche Bank ha alzato il target a 20 euro da 18,8.

Perde colpi, dopo cinque sedute in rialzo, anche Tod’s (-3,1%). S’impenna per il secondo giorno di fila Safilo (+8,1%) dopo i risultati superiori alle attese.

SARAS IN PROFONDO ROSSO, L’ECOBONUS SPINGE INNOVATEC

Si riduce il rialzo dei petroliferi dopo il rialzo iniziale: Saipem +0,6%, Eni +0,7%. Brusca frenata di Tenaris (-2,9%) dopo i rialzi post trimestrale. Fa ben peggio Saras (-5,9%) dopo i risultati dei primi nove mesi.

L’ecobonus del 110% si è rivelato un ottimo affare per Innovatec (+16,51%). La società dell’Egm ha raggiunto un portafoglio contratti definitivi inerenti alla riqualificazione energetica sostenibile di circa 85 milioni euro.

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